Il segno nero

Stamattina ho notato sulla mia scrivania un simbolo che non credevo minimamente ci fosse. Dapprima non ne ho capito il senso, dal momento che mi sembra essere astratto rispetto al contesto in cui si trova a fare la sua presenza. L’inchiostro nero lucido, ad una prima analisi, di recente scrittura, regna sul legno ormai consumato del mobile, su cui poggia questa meraviglia di computer, con tutta la sua storia, con la lettera iniziale del nome del marchio ASUS quasi scomparsa, senza aver, tuttavia, trascinato con sé tutti i ricordi relativi ad essa. Avendo rivolto il mio sguardo verso il computer, non riesco quindi a vedere più il simbolo nero osservato precedentemente. Pazienza, lo troverò quando meno me l’aspetterò. Trascorre la mia giornata in tutta tranquillità e, in serata, mi butto nuovamente di peso sulla sedia in direzione della scrivania e poso le mie dita esili sulla tastiera, la quale non aspettava altro che questo. Fisso un punto impreciso del muro che ho di fronte, alla ricerca di una minima ispirazione su come incominciare un nuovo articolo in cui avrei voluto esprimere il mio parere sul termine “cambiamento” ma niente, niente fuoriesce dalla mia mente: un vero e proprio blocco. “Dovrei lasciar perdere per stasera e provarci in un altro momento, magari domani mattina dopo aver fatto colazione, a mente fresca”, mi dico, tentando di convincermi. Tuttavia, come quasi sempre accade, non do ascolto al mio cervello, in quanto le mie dita continuano ancora a correre come delle forsennate sulla tastiera, indecise tra alcune lettere e la freccetta con cui cancello quanto scritto, allo stesso ritmo. Venendo incontro alle mie dita, mi metto all’opera e decido così di concentrarmi ancora, ritenendo opportuno mettere nero su bianco quello che volevo comunicare ai miei lettori. Sembra che stia procedendo tutto per il meglio ma forse sto cantando vittoria prima che possa essercene una. Infatti, gli ostacoli stasera non vogliono abbandonarmi: un altro bastone tra le ruote. Sento delle voci molto alte provenienti dalle scale, persino molto animatamente: qualcuno discute in merito a qualcosa e a me non va di interferire. Mi alzo quasi senza forze senza spiegarmi il motivo di questo e chiudo la porta della mia stanza in fretta. Quando ho qualcosa per la testa, difficilmente riesco a compiere un’azione che occupi diversamente il mio tempo. Dunque, mi sforzo di voler giungere ad un compromesso con me stessa. E ancora una volta, digito parole a caso, di cui non colgo nulla, completamente fuorvianti rispetto ad ogni sillaba da me pensata. Mi sorprendo a sbadigliare benché non sia ancora tardi. Testarda quale sono, torno a guardare il foglio di scrittura vuoto, senza un’anima propria. In seguito, stacco lo sguardo, per un momento, da qualunque altra cosa: chiudo gli occhi in preda ad un mal di testa atroce che non fatto altro che alimentare, remando controcorrente con i miei insulsi propositi. Ora sì che dovrei sospendere veramente se non voglio starci troppo male. Riaprendo gli occhi, con lo sguardo rivolto alla scrivania, vedo ancora una volta quel segno nero e ci poso la mano sopra, come a non volerlo perdere ancora: è un asterisco. E’ uno di quei miei asterischi usciti male, fatti in fretta quando, durante un controllo di quello che ho scritto, mi accorgo di aver dimenticato di parlare di qualcosa. Cos’ho dimenticato questa volta? Ci rifletto su per un po’ di tempo e poi, ad un certo punto, finalmente mi sento entusiasta per aver risolto il mio enigma. Avevo smarrito la mia capacità di improvvisare, passando intere settimane a programmare esami su esami. Ciò che non ritrovavo era il mio umore sorpreso, come quello che ho adesso mentre scrivo questo. Pagherei oro, cancellerei altre migliaia di volte la parte iniziale di uno scritto, solamente per raggiungere questo esito: il senso di leggerezza, per cui qualunque cosa accada viene dopo, dove comprendo che il mio sorriso per una volta viene prima persino del vento tumultuoso che vorrebbe sconvolgere le mie giornate.

Cari lettori, trovate quei piccoli segni che vi riportano a ritrovare l’anima a cui appartenete. Non vi garantisco un risultato simile al mio ma posso ipotizzare che la ricerca del vostro “simbolo nero”, nero come ciò che non conoscete ancora, vi risveglierà dall’automatismo con cui ogni giornata si protrae fino al suo termine senza curarsi di chi è dentro il ciclo perpetuo.

Vi abbraccio, augurandovi una buona ricerca, e spero apprezziate almeno almeno qualcuno dei miei pensieri in forma disordinata. Spero di farmi sentire al più presto.

THE MESS

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9 risposte a "Il segno nero"

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  1. È impressionante di come riusciate a esprimere concetti così veri con grande efficacia. Personalmente, nel mio scrivere versi, solitamente mi ispiro al simbolismo, perché una parola, una frase, una punteggiatura, un semplice “segno” appunto, rimandi a qualcosa di più: magari la stessa cosa che penso io la penserà qualcun altro, penso scrivendola. Non ho molto da commentare quindi, su quanto scritto; solo complimentarmi. E grazie per l’augurio di ricerca!

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